Native Advertising e Branded Content: a cosa servono e perché utilizzarli

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Intro: I termini Native Advertising e Branded Content generano spesso confusione nel mondo del business. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Mai sentito parlare di Native Advertising e Branded Content? Se ti occupi di copywriting, blogging o e-commerce strategy, allora la tua risposta dovrebbe essere si! In questo caso probabilmente sai già tutto sull’argomento.

Se invece fai parte di quel vasto gruppo di professionisti del web che conosce il Branded Content e il Native Advertising solo per sentito dire, allora continua la tua lettura! Scoprirai due nuovi ottimi strumenti, ricchi di potenzialità ancora tutte da scoprire.

Introduzione al Native Advertising e al Branded Content

Erroneamente considerati dei semplici contenuti prettamente pubblicitari, in realtà il Native Advertising ed il Branded Content sono perlopiù caratterizzati da una potente valenza non solo informativa-commerciale, ma anche emozionale.

Probabilmente, tale confusione nasce dal termine Advertising (ADV), termine inglese che significa appunto pubblicità, e Branded, quindi relativo ad un brand, (marchio).

Ovviamente stiamo parlando di messaggi a pagamento che le aziende utilizzano con lo scopo di influenzare le scelte d’acquisto degli utenti e dei potenziali clienti che lo ricevono, attraverso email, blog, siti web, riviste, spot televisivi, ecc.

Tuttavia, sfruttando il Native Advertising e il Branded Content, tali messaggi possono essere realizzati in modo tale da suscitare stupore, meraviglia, (e talvolta sconcerto), in modo tale da catturare la piena attenzione delle persone.

Cos’è il Native Advertising?

Per capire di cosa si tratta possiamo iniziare a tradurre il termine, ancora una volta in inglese, “native advertising” – che in italiano significa “pubblicità nativa”.

La pubblicità nativa deve essere realizzata in modo che rispecchi in tutto e per tutto l’aspetto, la funzione e il formato mediatico che la contiene, che si tratti di un video, di un articolo, di un podcast, di un magazine e così via.

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Diversamente dalla pubblicità tradizionale a cui siamo abituati, come quella che attira l’attenzione (spesso interrompendo l’attività svolta) dell’utente attraverso pop-up, banner ecc., il Native Advertising, poiché appartenente alla famiglia dell’inbound marketing, offre un formato che si sposa perfettamente alla qualità e allo stile del suo contesto.

Un contenuto “nativo”, quindi, è nato esclusivamente per un determinato tipo di medium.

Essendo comunque dei contenuti pubblicitari non esplicitamente riconoscibili, i Native Advertising usati dai business dovranno essere indicati o dichiarati, attraverso diciture quali “contenuto suggerito”, “raccomandato per te”, “contenuto promosso” o “paid content” – ovvero contenuto pagato.

Il termine advertising, nel caso del “native” in alcuni casi può risultare fuorviante.

Infatti, anche se l’obiettivo di questo nuovo strumento di web marketing è principalmente quello di diffondere i valori, la qualità e lo stile di uno specifico brand, ciò non vuol dire che non sia in grado di divulgare contenuti informativi d’eccellenza.

Gran parte dei contenuti di Native Advertising, infatti, hanno anche uno scopo informativo; basti pensare alle numerose inchieste sponsorizzate dalle aziende ma realizzate da veri e propri giornalisti, che nulla hanno da invidiare alle inchieste “tradizionali”.

Branded Content: di cosa si tratta?

L’importanza dei contenuti brandizzati è facilmente dimostrabile dalla nascita di tutta una serie di centri di ricerca atti a comprendere il loro fenomeno, come per esempio la BCMA (Branded Content Marketing Association), organismo mondiale di settore che studia le strategie di marketing, come appunto i contenuti sponsorizzati.

Tali organismi hanno il compito di studiare quei casi di marketing relativi alla materia omonima, per cercare di definire cos’è e cosa non è un Branded Content, cosa non sempre semplice da individuare.

Il Branded Content è costituito da un contenuto che viene associato ad un brand specifico dall’utente stesso.

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Tale contenuto non dovrà apparire come un palese messaggio pubblicitario.

In questo modo, non solo si riuscirà ad eludere quella forma di rifiuto che ormai ogni consumatore ha sviluppato nei confronti delle forme di advertising invasive e insistenti sopracitate, ma si potranno anche avvicinare nuovi utenti, fornendo informazioni di qualità, attraverso un’esperienza coinvolgente e piacevole.

Tale “associazione di valore” passerà automaticamente dal contenuto al brand.

Vantaggi del Branded Content

Il Brand Content offre molteplici vantaggi in una strategia di marketing. Esso, per esempio, permette di superare quel meccanismo di difesa adottato istintivamente dagli utenti per ovviare le ads.

Ciò può avvenire solo quando il contenuto sponsorizzato è proposto in modo accattivante. Quindi, se realizzato secondo i giusti criteri, i contenuti brandizzati offrono una formula di pubblicità strategica particolarmente efficace.

Tra i principali vantaggi del Branded Content ricordiamo:

  • Il customer engagement: ovvero l’intrattenimento online usato come arma vincente, (soprattutto quando l’utente viene coinvolto in prima persona).
  • Il messaggio strategico: attraverso i contenuti brandizzati è possibile mostrare i prodotti veicolando quella che è la mission del brand.
  • Conversion: coinvolgendo i clienti in modo mirato sarà possibile costruire un rapporto di fiducia.

Francesco Ambrosino

Classe 1984, Digital Marketer specializzato in Gestione Blog Aziendali, Formazione Professionale, SEO Copywriting, Social Media Management e Web Writing. Membro di Open-Box e Comunicatica, co-creatore di Digitalklive

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