Intro: Io appartengo a quella che amo chiamare la “generazione dell’eterno presente”. Il presente fa paura, e il futuro non possiamo permettercelo. Ma non ci arrendiamo!
Ho 34 anni, 3 figli, lavoro da quando avevo 23 anni, e non so cosa farò domani mattina.
Sono sicuro che sia così per tantissimi miei coetanei, o giù di lì, ovvero quelli che appartengono alla “generazione dell’eterno presente”, come amo chiamarla io.
Pianificare il futuro è un lusso che non ci possiamo permettere, e non perché siamo superficiali o bamboccioni, come qualcuno potrebbe suggerire.
Certo, c’è una buona fetta della popolazione italiana in età lavorativa che non ha voglia di fare un cazzo dalla mattina alla sera, che vive nella speranza di prendere il reddito di cittadinanza o il sussidio di turno, ma io non appartengo a questa categoria.
Non lo dico con presunzione, sia chiaro, è solo un dato di fatto.
Appena ho finito l’università ho iniziato a lavorare, e non ho più smesso. Quando l’azienda di famiglia è andata in evidente difficoltà, mi sono rimboccato le maniche per provvedere al benessere dei miei figli, inventandomi un mestiere.
Come me, tantissimi giovani e meno giovani vanno a dormire la sera con la testa in fiamme e l’ansia di un domani che più incerto non si può.
Sì, perché siamo la generazione dell’eterno presente, quelli che non possono permettersi il lusso di guardare al futuro con ottimismo, progettando, pianificando, accumulando mattoncini da impilare per costruire la tranquillità.
La tranquillità, questa sconosciuta, che invidiamo da morire ai nostri genitori (quasi tutti), ai quali questa opportunità è stata offerta.
Come ripete spesso mio padre, la sua generazione poteva fare sacrifici con la relativa certezza di arrivare, chi prima chi dopo, ad una posizione di stabilità e tranquillità.
Potevano risparmiare e comprarsi casa, fare investimenti per il futuro dei figli, accantonare risorse per “le evenienze”.
Per dirla con mia nonna, potevano “Mettere da parte l’acqua per quando ti viene sete”.
Insomma, potevano addormentarsi con la certezza del domani.
Noi, invece, viviamo con la costante paura che si rompa la caldaia, o la macchina, guardiamo con terrore la data sul calendario che indica la scadenza dell’assicurazione dell’auto, apriamo il frigo elaborando equazioni degne di un fisico quantistico per provare a trasformare quel barattolo di piselli aperto in un pasto nutriente.
Se hai figli, poi, l’ansia raggiunge livelli che, in confronto, Shining è Vacanze di Natale.
Ogni volta che cambi un pannolino sai che si avvicina il momento in cui dovrai andare a comprarne di nuovi. Ogni volta che il clima cambia, sai che dovrai comprare abiti e scarpe nuove. Ogni volta che si ammalano, sai che dovrai spendere un capitale in farmacia.
E lo fai. Ogni santissima volta, perché piuttosto non mangi tu pur di non far mancare nulla a loro.
Perché è questo che fa un genitore, no? Si sacrifica per il bene dei figli.
E se con l’ordinario è difficile, il futuro diventa il tuo incubo peggiore.
Vivendo alla giornata, non hai modo di mettere da parte dei soldi per le future esigenze tue e dei tuoi figli, e al solo pensiero sbianchi e ti senti venire meno nelle gambe.
Come farai a sostenere le spese universitarie? E aiutarli nel realizzare un eventuale progetto imprenditoriale? E se volessero trasferirsi all’estero per imparare la lingua e crescere come persone, riuscirai ad aiutarli mandandogli qualche soldino a fine mese? E se volessero comprare casa, come farai a fargli da garante?
Queste sono le domande che, spesso, nella solitudine dei viaggi in macchina, mi pongo, e so di non essere l’unico.
Siamo in tanti, e aumentiamo ogni giorno.
Non so tu, ma io vivo molto male l’appartenenza alla generazione dell’eterno presente, e il mio essere ansioso per natura non aiuta.
Vorrei avere tutto sotto controllo, progettare il domani con una percentuale di attendibilità superiore allo 0,1%, e stare più sereno.
Invece no, non ci riesco, e come me tanti giovani che hanno voglia di fare, e si fanno il culo dalla mattina alla sera per sopravvivere.
Viviamo nel presente, ed è il massimo che possiamo permetterci.
Ma non molliamo. Non molliamo mai!
Accidenti Francesco, tanta ammirazione ma taaaanta ansia.
Tieni duro!
Eh, non dirlo a me. Ma resisto!