Intro: Come si procede quando un cliente non paga le fatture? Quali sono i passaggi da seguire e le opzioni da valutare? Scopriamolo insieme.
Tra il dire e il fare, c’è di mezzo il farsi pagare! Se sei freelance, lo sai.
Il problema non è tanto lavorare, quanto riuscire ad incassare i propri compensi senza dover intavolare con i clienti un braccio di ferro estenuante.
A fronte di tanti committenti che pagano puntualmente, ce n’è sempre qualcuno che non paga senza fornire spiegazioni. Che ignora i tuoi solleciti. Che, quando lo chiami, diventa improvvisamente irreperibile.
La libera professione sa dare tante soddisfazioni ma sicuramente richiede un’attitudine speciale per la gestione degli aspetti amministrativi e contabili.
Incluse le inevitabili attività di recupero crediti che dovrai curare con particolare attenzione.
È un terreno scivoloso in cui muoversi con razionalità, analizzando attentamente la situazione concreta sia dal punto di vista giuridico che dei costi.
Le soluzioni ci sono ma non sono mai gratis, per questo oggi vedremo gli scenari possibili che conviene percorre a fronte di un cliente furbetto che fa orecchie da mercante.
Di cosa parlo in questo post
- L’importanza della forma anche sulla sostanza
- Il sollecito di pagamento
- Le novità introdotte dal Job Act Autonomi (L.81/2017)
- Quando chiamare l’avvocato?
- Se la tua controparte decide di pagare tutto, bene. Ma cosa succede in caso contrario?
- Decreto ingiuntivo: come funziona
- La giustizia non è (sempre) amica di chi fa impresa
L’importanza della forma anche sulla sostanza
Hai trovato un potenziale cliente e la voglia di iniziare subito un nuovo progetto ti porta ad incominciare il lavoro prima di aver formalizzato un accordo di collaborazione. Male! Molto male!
Quando prendi un incarico, non dimenticare mai di formalizzare PRIMA del suo inizio il contenuto della tua attività.
Specifica tempi, modi di esecuzione e realizzazione, durata del contratto, sede giudiziaria competente in caso di contenzioso, compenso e tempistiche di pagamento pattuite con il cliente.
Firma insieme a lui questo documento in un doppio originale e solo dopo questo passaggio inizia la tua attività.
Avere alla base un contratto è già un buon deterrente.
Chi lo firma assume nero su bianco obblighi specifici che possono essere fatti vale in tribunale in caso di contenzioso giudiziario.
Inutile dirti che gli accordi verbali non hanno molto peso davanti ad un giudice e pregiudicano la possibilità di far valere i tuoi diritti.
Il sollecito di pagamento
Hai emesso una fattura, è passato del tempo ma il tuo cliente non ha ancora pagato.
Nel nostro sistema giudiziario è previsto che il titolare di un diritto, per farlo valere, debba operarsi attivamente per la sua tutela.
In parole povere: se tu per primo non ti adoperi per ottenere ciò che ti spetta, perché dovrebbe farlo un tribunale?
È una questione di responsabilità.
Quando vedi che il tuo committente non sta pagando e non ti ha fornito alcuna spiegazione ragionevole in merito, procedi con un sollecito scritto dove indicherai il numero, la data della fattura e l’importo dovuto.
Se non hai a disposizione una casella di posta PEC sappi che la semplice mail ha poco valore legale e che, per sicurezza, è sempre meglio procedere ad un invio anche a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.
Nel sollecito indica un termine entro il quale essere pagato (solitamente 10 giorni dal ricevimento della lettera) e specifica che in caso di mancato pagamento darai mandato ad un avvocato.
Le novità introdotte dal Job Act Autonomi (L.81/2017)
A maggio 2017 è stato introdotto il Job Act Autonomi, un testo di legge volto ad una maggiore tutela di questa categoria di lavoratori.
Le novità sono tante e, sulla carta, tutte interessanti. Peccato che all’atto pratico molte siano armi spuntate, che non assicurano delle vere tutele al lavoratore freelance.
Piuttosto che niente, meglio piuttosto?
Diciamo che sicuramente è un punto di partenza ma forse si poteva e si dovrebbe fare qualcosa di più.
In punto di pagamento fatture, il Job Act Autonomi introduce il termine massimo per il pagamento delle fatture, stabilendolo in 60 giorni.
Diventano così formalmente abusivi tutti quegli accordi volti a pagamenti in tempi superiori ai 60 giorni, determinando altresì che se non è specificato un termine, questo debba intendersi di 30 giorni.
Se il committente non paga dopo tali termini scatta l’applicazione degli interessi secondo quanto stabilito dal Decreto Legislativo 231 del 2002.
Questa previsione di legge chiaramente non assicura in alcun modo il pagamento puntuale della fattura.
È un’indicazione che andrebbe rispettata e che, in quanto tale, può essere disattesa dal committente.
Per farla valere è comunque necessario imbastire una causa civile, in quanto non esiste alcun sistema “automatico” per poter ottenere il pagamento da chi non lo vuol fare.
Inoltre, tali tempistiche valgono solamente quando sono fatte valere contro società e pubbliche amministrazioni.
Se il tuo committente è un privato cittadino queste tutele, ancorché nominali, non si applicano.
Quando chiamare l’avvocato?
Hai scritto il tuo sollecito, hai contattato il cliente ma nulla, non ne vuole proprio sapere di pagare!
È giunto il momento di fare un tentativo con l’avvocato.
L’avvocato scriverà un sollecito e lo invierà a mezzo PEC o raccomandata AR, intimando al cliente di pagare e specificando che decorso un termine dal ricevimento della lettera procederà con l’esecuzione forzata.
Da questa attività in avanti dovrai mettere in conto di sborsare dei soldi per riuscire a farti pagare, perché l’avvocato non lavora gratuitamente e anche per scrivere quella che a te sembrerà una semplice lettera ha diritto di chiederti un compenso.
Del resto, non vorrai mica diventare come il cliente che non ti sta pagando, giusto?
Solitamente quando a scrivere è uno studio legale si riesce ad ottenere qualche risultato, perché prevale la paura di dover affrontare una causa lunga e costosa.
Tuttavia ci sono diversi casi in cui il destinatario della missiva legale continuerà ad ignorarne il contenuto, restando inadempiente.
Il perché è semplice e facile da intuire: la speranza è sempre quella che alla lettera dell’avvocato non segua la causa.
Se la tua controparte decide di pagare tutto, bene. Ma cosa succede in caso contrario?
Per quella che è la mia esperienza giudiziaria, imbastire un’esecuzione forzata ha senso solamente a fronte di crediti medio alti.
Fino a qualche migliaio di euro, mi dispiace dirtelo, fare la causa non è l’opzione più conveniente.
In primis per gli importi che dovrai anticipare per accedere alla giustizia, che sono alti (a volte pari o superiori al valore del credito per cui agisci in tribunale) e non è detto che ti saranno rimborsati in caso di vittoria.
Volendo fare un esempio: sei ancora convinto di voler fare la causa se per ottenere 1.500 € devi pagarne 1.200 €?
Inoltre, i tempi della giustizia sono piuttosto lunghi e potresti impiegare alcuni anni prima di ottenere giustizia.
Se ti è possibile, cerca di instaurare con il cliente moroso una trattativa, magari accordandoti per una parte del dovuto, rinunciando al totale.
Mi rendo conto che detto così possa sembrare un controsenso, ma credimi che dopo anni di causa dove avrai speso centinaia di euro senza ottenere niente rimpiangerai di non aver seguito questo consiglio!
Un bravo avvocato saprà indirizzarti, illustrandoti tutte le peculiarità del caso concreto e facendoti risparmiare tempo e denaro.
Decreto ingiuntivo: come funziona
Se invece decidi di andare avanti con l’esecuzione forzata, sappi che ti servirà una dose extra di pazienza.
Si tratta di una procedura lunga e complessa, da fare solamente a mezzo avvocato e che, come già detto, può durare anche qualche anno.
Dopo la lettera con cui si sollecita il pagamento, l’avvocato potrà chiedere in tribunale un decreto ingiuntivo che, una volta divenuto esecutivo, costituirà un titolo valido per procedere al pignoramento.
Durante tutto l’iter potresti avere la sensazione che il tuo legale non stia accelerando le tempistiche, ma devi sempre ricordare che l’avvocato non ha alcun potere sulla velocità dei procedimenti, che dipende dal carico di lavoro dei singoli tribunali.
In questo caso devi fidarti e affidarti al tuo legale, senza mettere in dubbio il suo operato.
La giustizia non è (sempre) amica di chi fa impresa
L’Italia è tristemente famosa per avere un sistema giudiziario poco efficiente, che disincentiva gli imprenditori a fare impresa sul nostro territorio.
Mi piacerebbe poter dire che non è vero e che si tratta di titoli sensazionalistici da click baiting, ma purtroppo è la verità.
Muoversi nelle pieghe della legge non è cosa per tutti, per questo ti sconsiglio di portare avanti questioni di principio che rischiano di schiacciarti.
Se evitare coloro che agiscono in mala fede non è sempre possibile, agire con lucidità diventa necessario per limitare i danni.
Ho trovato risposte alle mie domande sono pagi ne informative attuali e ringrazio di avermi aiutato a capire
molto interessante! grazie mille dell’articolo
Buonasera,
sto in proprio questa situazione adesso. Il cliente cmq ha l’abitudine di farsi ricordare più volte al mese del pagamento. Ma adesso comincia ad esagerare. La fattura di dicembre l’ha pagato, quella di novembre però l’ha saltata tanto quanto quella di gennaio e domani devo compilare già quella del attuale mese.
Ora che ho letto questa parte “Diventano così formalmente abusivi tutti quegli accordi volti a pagamenti in tempi superiori ai 60 giorni, determinando altresì che se non è specificato un termine, questo debba intendersi di 30 giorni.” ho due piccole domande e spero mi possiate aiuare un attimo.
Con I 30 (ovvero 60) giorni sono intesi 30 giorni dall’emissione della fattura, giusta? Non dal giorno in cui dovrebbe essere stata pagata o il giorno in cui si ha contattato per la prima volta il cliente per ricordarlo del pagamento?!
Se mando il sollecito tramite raccomandata, mi consigliate di scriverne uno per ogni fattura o dite che bata scriverne uno che comprende entrambe le fatture ancora non pagate?
Grazie, Julia
Ciao Julia, si intende 30 gg dalla data di emissione della fattura, ma se gli accordi tra le due parti sono diversi ovviamente bisogna attenersi a quelli.
In poche parole lo stato ti spinge sempre di più al pensiero che è meglio essere furbi e magari disonesti che ligi e onesti
Secondo me tutto i lavori
Si debbono pagare con anticipo 50% e 50% alla consegna
Se tutti facessero così circolerebbe più denaro e i FURBI ci penseranno 2 volte prima di fregare la gente che lavora
Odio la giustizia italiana
I cittadini non sono tutelati
Ciao Marco, ovviamente ti consiglio di rivolgerti ad un commercialista, ma per quella che è la mia conoscenza è possibile, in caso di fatture emesse ma non incassate, non conteggiarle ai fini del calcolo dell’imponibile.
A mio avviso dovresti chiedere un consulto ad un diverso commercialista per avere un conferma.
Salve, ho letto il suo articolo e l’ho trovato molto aderente alla realtà e forse può aiutarmi. Ho una domanda che riguarda il passato. io ho avuto una partita iva che ora ho chiuso. Il mio problema è stato che a fronte di fatture emesse ma pagate sempre con ritardo, il mio commercialista in sede di dichiarazione IRPEF ha dichiarato quanto fatturato (non quanto percepito e certificato), soprattutto per allineare le cifre alle dichiarazioni IVA. In alcuni anni ho dichiarato di più di quanto effettivamente percepito e in altri di meno. L’agenzia delle entrate mi ha chiesto chiarimenti per un anno in cui ho dichiarato di meno. Ora quello che vorrei sapere è questo: al di là di come risolverò la cosa con l’agenzia delle entrate, c’era qualcosa che il mio commercialista avrebbe potuto fare per evitare questo disallineamento?
Grazie dell’attenzione
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