Intro: A cosa serve un piano editoriale per un blog, e quali sono le valutazioni da fare prima di svilupparne uno? Te lo spiego in questa guida.
Il piano editoriale di un blog non è importante, è fondamentale.
Attenzione, non lo dico perché voglio fare il professorino, o il blogger impegnato e super efficiente, perché in realtà sono così pigro che se mi incontra Garfield dice “e ti vuoi muovere?”.
Sostengo l’importanza del piano editoriale perché hai bisogno di una struttura e di una strategia che ti consentano, nel lungo periodo, di avere ancora un blog per il quale scrivere.
Semplice.
Tanto per essere chiaro, per me il piano editoriale del blog è come se fosse un piccolo business plan, un documento molto complesso e articolato, che non si limita solo all’indicazione degli articoli da scrivere, ma rappresenta l’architettura del progetto.
Di cosa parlo in questo post
- Piano Editoriale per il Blog: l’utente al centro, tu a bordo campo
- Piano Editoriale: segui la regola S.M.A.R.T.
- Piano editoriale: il traffico social è un prestito a tempo determinato
- Inbound Marketing: la tua nuova religione
- Cos’è l’inbound marketing
- Accompagna l’utente verso di te
- Zero Moment of Truth: il tuo spazio vitale
- Posizionamento su Google: l’elisir di lunga vita
- Piano Editoriale: individua le Macro Aree del blog
- Piano Editoriale: scegli con cura le categorie del blog
- Piano Editoriale: rendi unico il tuo blog
- Piano Editoriale: imposta la struttura degli articoli
- Piano Editoriale: non sottovalutare l’importanza dei Tag html
- Piano Editoriale: quali articoli produrre?
- Pillar article: i pilastri del tuo blog
- Come scrivere un piano editoriale
- Conclusioni
Disclaimer:
Questo articolo è lungo lungo lungo, affronta tutto il processo strategico e sfocia in tante ramificazioni.
Mettiti comodo, preparati un bel caffè americano, un tè, una carbonara o quello che vuoi tu, e leggilo.
Piano Editoriale per il Blog: l’utente al centro, tu a bordo campo
Uno degli errori più diffusi nel blogging è produrre contenuti basandosi su sensazioni personali, scrivendo di ciò che piace invece di ciò che serve agli utenti.
Sia chiaro, questo errore l’ho commesso anche io, e proprio perché so quanto sia difficile resistere alla tentazione di abbandonare tutto e aprire un bar in un paradiso tropicale (e fiscale), ti voglio spiegare come sviluppare un piano editoriale per il tuo blog.
O meglio, come lo faccio io.
Piano Editoriale: segui la regola S.M.A.R.T.
Da dove si parte? Da te. Devi partire da chi sei, cosa offri, quali sono i tuoi obiettivi.
Prima di scrivere anche solo “Ciao Mondo” sul tuo blog, devi elaborare una analisi per capire cosa diavolo vuoi fare con questo strumento di comunicazione, che risulta efficace solo se ha obiettivi S.M.A.R.T..
Cosa vuol dire? Te lo spiego subito:
- S= Specific: il tuo obiettivo non può e non deve essere diventare leader di settore, ma qualcosa di specifico. Ad esempio, farti conoscere dai potenziali clienti;
- M=Measurable: una delle cose più sottovalutate dai blogger, soprattutto alle prime armi, è la misurazione degli step compiuti per raggiungere l’obiettivo finale;
- A=Achievable: il tuo obiettivo deve essere raggiungibile, non può essere una metrica generica e distante dalla realtà;
- R=Realistic: ricollegandoci al punto precedente, quello che vuoi ottenere deve essere realistico. Diventare primo su Google o fare concorrenza ad Amazon non è un obiettivo realistico, ma nemmeno credibile.
- T=Time-bound: devi darti delle scadenze, e sapere, ad esempio, che vuoi aumentare il traffico del blog del 10% nei primi 3 mesi.
Se vuoi, puoi approfondire questo argomento leggendo la pagina dedicata su Wikipedia.
So che fare blogging oggi vuol dire dover puntare in maniera massiccia sui social network, per creare una community e accrescere il numero di seguaci, ma non basta.
Purtroppo, il traffico social è in prestito, ed è limitato nel tempo, perché le visite ad un tuo contenuto durano il tempo che lo stesso gira sulle varie piattaforme.
[Tweet ” Il traffico social è in prestito, ed è limitato nel tempo. #blogging”]
Partendo da questo presupposto, ti consiglio vivamente di considerare Google un alleato, un amico, con il quale provare ad andare d’accordo, anche se non ti sta poi così simpatico.
Te lo dico per esperienza, il traffico organico è il tuo capitale investito in azioni, potrà fruttarti soldi se riesci a trasformare il visitatore occasionale in un lead e, alla fine, in un cliente pagante.
Sono i principi dell’inbound marketing, che dovresti tatuarti addosso.
Inbound Marketing: la tua nuova religione
A me piace da morire la filosofia che sta alla base dell’inbound marketing, perché a differenza di molti elementi basilari del digital marketing, si basa su metriche, obiettivi concreti, strategia, analisi e ottimizzazione dei contenuti.
In poche parole, devi fare in modo che il tuo progetto sia beta permanente, un concetto che io adoro e che applico alla vita, prima che al business.
[Tweet “L’ #inboundmarketing trasforma il tuo progetto in una #betapermanente”]
Cos’è l’inbound marketing
L’inbound marketing è quella strategia che capovolge il marketing tradizionale, e che ti spinge a non cercare più l’attenzione dell’utente urlando più forte degli altri, ma facendoti trovare.
Non devi essere l’umarel, che va fuori al cantiere a rompere il cazzo agli operai, ai quali non frega niente dei tuoi consigli, ma il vecchio operaio in pensione, apprezzato da tutti, che viene interpellato per ricevere consigli su come risolvere un problema.
Perno centrale di questa disciplina, che è in realtà quasi una religione, è l’utente, e il viaggio che compie.
[Tweet “Perno centrale dell’ #inboundmarketing è l’utente e il suo percorso”]
Accompagna l’utente verso di te
Quei signori molto bravi di HubSpot hanno delineato un funnel, che è la base di ogni progetto di content marketing che si rispetti.
Diviso in quattro fasi, disegna il percorso che compie l’utente e che lo conduce dall’essere un estraneo a diventare un evangelist, ovvero un promotore del brand.
Le quattro fasi di questo percorso sono:
- Attract: attirare l’attenzione di un estraneo è molto complesso, e rappresenta, oggi, la sfida più grande di un blogger, ma in generale per un brand;
- Convert: un visitatore non è un cliente, questo rende necessario lo sviluppo di una strategia molto articolata per trasformare il lead in un prospect e in un consumatore finale;
- Close: se la strategia cui ho appena accennato è ben sviluppata, riuscirai a ottenere una conversione, che nel caso specifico è la vendita di un prodotto o servizio;
- Delight: non sei solo a questo mondo, il tuo cliente potrebbe trovare ciò di cui ha bisogno da un competitor. Per ridurre questo rischio, devi curare la relazione con lui, metterlo al centro dei tuoi pensieri.
Il tuo compito, quindi, è quello di essere lì quando un utente ha una esigenza specifica, risolvergli il problema con il tuo contenuto, ottenere un lead, lavorarlo in modo corretto, conquistare la sua fiducia, incassare qualche soldino.
[Tweet “Da estraneo a promoter. Ecco il percorso che deve compiere il tuo utente.”]
Zero Moment of Truth: il tuo spazio vitale
Nel 2011 Jim Lecinski, Vice Presidente di una piccola azienda a conduzione familiare che si chiama Google (la conosci?), ha sviluppato questo concetto, lo Zero Moment of Truth, per illustrare come sia cambiato il customer journey con l’avvento dei social media.
In poche parole, in passato il marketing di matrice commerciale, che ha caratterizzato la nostra vita fino a poco tempo fa, era basato su tre fasi:
- Stimolo: banalmente, guardavi una pubblicità in tv, ti incuriosiva, e si formava in te la voglia di provare quel prodotto o servizio;
- First Moment of Truth: è quando lo stimolo risulta così forte da spingerti ad acquistare quel prodotto o servizio visto in precedenza;
- Second Moment of Truth: dopo aver acquistato il prodotto o servizio, vai a casa e vivi l’esperienza d’uso, che può soddisfarti oppure no.
Con il suo lavoro, Lecinski ha illustrato al mondo l’evoluzione di questo pattern, ormai consolidato, inserendo tra lo stimolo e il FMOT una nuova fase, definita appunto ZMOT.
In cosa consiste?
Molto semplice. Mentre prima allo stimolo seguiva, necessariamente, l’acquisto, oggi l’utente compie un semplice, quando inevitabile, gesto: effettua una ricerca su Google, per assicurarsi che quel prodotto o servizio sia effettivamente valido e utile.
Questo cambia ogni cosa, perché è evidente che non essere presente in questa fase vuol dire, essenzialmente, non esistere.
[Tweet “Se una cosa non è su #Google, allora non esiste. E se esiste, allora non è importante.”]
Posizionamento su Google: l’elisir di lunga vita
Come dicevo prima, il traffico social è importante, ma non basta, perché è in prestito.
Non voglio fare il terrorista come fanno molti, dicendoti che se domani mattina Facebook decide di chiudere tutto per aprire un chiosco di limonate con bicarbonato sul lungo mare di Napoli, tu sei fottuto.
Non è così, Facebook non chiuderà battenti tanto presto, e fin quando puoi devi sfruttare questo canale, magari in modo intelligente e investendo anche qualche soldino in Facebook Ads.
Il tuo vero obiettivo, soprattutto se il tuo blog ha obiettivi professionali, deve essere posizionarsi bene con quelle keyword che identificano i prodotti e i servizi che vendi.
[Tweet “Devi posizionarti con le keyword che identificano i prodotti e i servizi che vendi”]
Ecco perché, nello sviluppare un piano editoriale per il blog, devi elaborare una keyword research a monte, per identificare le intenzioni di ricerca che intendi intercettare e come vuoi posizionarti.
Se fai questo (in memoria di me), allora potrai prenderti delle belle soddisfazioni, e magari inviare anche qualche preventivo e qualche bella fatturina.
No?
Bene. Ora, dopo tutte queste chiacchiere, andiamo un po’ nello specifico, e cerchiamo di capire come sviluppare il tuo piano editoriale.
Piano Editoriale: individua le Macro Aree del blog
I blogger con l’eiaculazione precoce, ovvero quelli che prima aprono il blog e poi, eventualmente, elaborano una strategia, hanno il brutto vizio di non impostare a monte degli argomenti principali da trattare, da sviluppare poi in verticale in Tot categorie.
La prima cosa da fare, in particolare quando si tratta di un blog aziendale, è analizzare il settore nel quale opera il brand o professionista, e individuare un numero limitato di macro aree da trattare.
Ad esempio, se il tuo blog parla del mondo dei freelance, potresti individuare queste aree:
- Normative;
- Gestione Clienti;
- Modulistica;
- Consigli Operativi;
- Strategie;
- Tool.
Si tratta di un esempio, frutto di un brainstorming con i fantastici allievi del mio Corso di Blogging e Copywriting, ma è abbastanza eloquente di quello che sto cercando di spiegarti.
Piano Editoriale: scegli con cura le categorie del blog
Una volta decisi le aree da trattare con la tua attività di blogging, dovrai impostare una serie di categorie, anche qui senza esagerare e, possibilmente, senza sfociare troppo nella fantasia.
Ti spiego.
Una categoria ha tre funzioni principali:
- Consente all’utente di fruire dei contenuti del tuo blog in modo tematico e verticale. In questo modo, potrà passare da un articolo all’altro in modo agevole;
- Consente a te di categorizzare gli articoli in modo semplice e chiaro, per non impazzire;
- Consente a Google di comprendere meglio la struttura del tuo blog, e di indicizzare le categorie.
Non è una classifica, sia chiaro, questi tre elementi sono ugualmente importanti, e devi tenerne conto nello sviluppo del tuo piano editoriale.
Quando crei le categorie, ricordati di utilizzare un nome comprensibile, che funga da etichetta, ma anche da slug, ovvero la parte della url che segue nomesito.it/category/, che condurrà all’elenco di articoli contenuti all’interno di quella categoria.
Un esempio? Eccolo: https://www.socialmediacoso.it/category/content-marketing/
Non usare nomi di fantasia, cerca di essere molto chiaro, perché l’utente e Google non possono perdere tempo dietro alle tue genialate.
Se ti va di approfondire l’argomento, puoi leggere il mio articolo scritto per gli amici di Leevia, che trovi qui.
Piano Editoriale: rendi unico il tuo blog
Il blogging è molto vasto, e dentro c’è di tutto, come nella borsa di Mary Poppins, con l’unica differenza che qui non c’è niente di magico.
Per fortuna, la componente umana è ancora determinante nella riuscita di un progetto di blogging, ecco perché esistono migliaia di blogger al mondo, ognuno con uno stile e un approccio differente.
[Tweet “La componente umana è ancora determinante nella riuscita di un progetto di #blogging”]
Due esempi illustri: Neil Patel e Seth Godin.
Due personaggi molto distanti tra loro, che producono contenuti molto diversi, con uno stile preciso e riconoscibile, un linguaggio e un tono di voce inconfondibili.
Perché?
Perché sono due essere umani diversi, e hanno obiettivi diversi.
Sia chiaro, niente è per sempre, un blog deve evolversi nel tempo, ma è importante provare a dargli una impronta chiara da subito, stabilendo che tipo di contenuti produrre.
Ecco quali:
- Liste Numerate;
- Ricerche, statistiche, dati;
- Tuoi casi di successo;
- Nuovi metodi per ottenere risultati;
- Round Up Post;
- Guest Post;
- Case Studies;
- Cornerstone article;
- Pillar Article.
Puoi produrre così tanti contenuti che ti verrà il mal di testa solo per scegliere cosa fare, quindi cerca di stabilire a monte come organizzare il lavoro.
Un Pillar Article, ad esempio, porta via molto più tempo di un post “semplice”, questo vuol dire che non puoi (e non devi) farne uno a settimana.
Più avanti mi soffermerò su questa tipologia di articolo, quindi resisti.
Piano Editoriale: imposta la struttura degli articoli
L’articolo di un blog non può essere redatto #acazzodicane, come se fosse il diario online di una adolescente in pieno conflitto generazionale.
Mi rendo conto che risulti poco affascinante, ma un blogpost ha una struttura scientifica, che andrebbe replicata ogni volta, allo scopo di creare un contenuto utile all’utente e a Google.
[Tweet “L’articolo di un #blog non può essere redatto #acazzodicane”]
Qual è questa struttura?
Te lo faccio illustrare da qualcuno più competente di me, tramite questa bellissima infografica.
Se clicchi sull’immagine, potrai leggere una guida eccellente sulla SEO On-Page.

Per me, questo passaggio deve essere già inserito all’interno del piano editoriale, anche e soprattutto quando si tratta di un blog aziendale per un cliente.
È importante, in effetti, spiegare in modo chiaro ed efficace al tuo committente cosa intendi fare, come pensi di farlo, e di cosa hai bisogno per farlo.
Piano Editoriale: non sottovalutare l’importanza dei Tag html
Se hai un blog, sicuramente sai cosa sono i vari H1, H2, H3 e così via.
Questi tag html sono molto importanti nello sviluppo di un contenuto, e anche se non puoi deciderli a monte in fase strategica, puoi senz’altro stabilire che ruolo attribuirgli.
Mi spiego meglio.
Secondo le linee guida di Google, un tag html serve allo spider per comprendere la struttura del contenuto, per avere una sorta di gerarchia da seguire nell’analisi della pagina.
[Tweet “Dai una struttura chiara al tuo articolo, usando i tag html. #blogging”]
Questo vuol dire che tu, nello sviluppo del tuo piano editoriale, dovrai cercare di capire che tipo di percorso vuoi far compiere allo spider, ma anche – e soprattutto – all’utente.
Inserendo degli H2 chiari e diretti, riuscirai a fornire all’utente dei punti di ancoraggio e di sintesi utili in fase di lettura (o scansione) del contenuto, e a Google di avere degli appigli per evitare di sprecare tempo prezioso.
Il mio consiglio, è di usarli come titoli di paragrafi, come se tu volessi creare un piccolo libro con un indice e dei capitoli, ognuno dedicato ad una specifica questione legata all’argomento trattato.
Un esempio? Ecco come ho strutturato un mio articolo sul content marketing:
<h1>Content marketing: meno contenuti, ma migliori</h1>
<h2>Chi sta ammazzando il content marketing?</h2>
<h2>I tuoi contenuti valgono l’attenzione dell’utente?</h2>
<h2>Perché dovrebbero interessarsi ai tuoi contenuti?</h2>
<h2>Il content marketing si basa sull’utilità</h2>
<h2>Content marketing: il 2016 sarà l’anno della consacrazione</h2>
<h2>Cosa vuol dire, in poche parole?</h2>
<h2>Contenuti vs Banner pubblicitari</h2>
<h2>Meno contenuti, migliori contenuti!</h2>
Piano Editoriale: quali articoli produrre?
Quando sviluppi un piano editoriale per un blog aziendale, che poi dovrà confluire in un calendario editoriale, dovrai tenere conto di questi 9 elementi:
- Argomento da trattare;
- Tipologia di articolo da sviluppare;
- Keyword per la quale speri di posizionarti;
- Parole chiave correlate alla principale;
- Pagina interna da linkare;
- Posizionamento su Google con quella keyword;
- Anchor Text del link alla pagina interna del tuo sito o blog;
- Focus dell’articolo;
- Possibile titolo.
In questo modo, saprai esattamente quali articoli produrre, e potrai passare allo step successivo, ovvero la schedulazione, la stesura e l’editing degli stessi.
[Tweet “Quando sviluppi un #pianoeditoriale, dovrai tenere conto di questi 9 elementi”]
Sulla scelta degli argomenti tra trattare sul blog, ho scritto un articolo per gli amici di Buzzoole, che puoi leggere qui.
Pillar article: i pilastri del tuo blog
Se mi segui da un po’, sai che a me piace scrivere articoli molto lunghi, corposi, nei quali mi dilungo e cerco di affrontare in modo esauriente l’argomento che ho deciso di trattare.
Sono sincero, in parte è una scelta, in parte è una deformazione personale.
Sono verboso quando scrivo, e non riesco a produrre un post senza avere la sensazione che sia effettivamente utile a qualcosa, oltre che a qualcuno.
Ora, mettendo da parte la mia tendenza alla diarrea verbale in fase di scrittura, la verità è che i pillar article hanno una importanza enorme per l’economia generale del tuo progetto di blogging.
[Tweet “I #PillarArticle hanno una enorme importanza per il tuo #blog”]
A cosa serve un pillar?
- A creare un contenuto bibbia su un topic ampio, che diventerà il perno di tutta l’attività di blogging;
- A fornire al lettore un contenuto completo, formativo, capace non solo di risolvere un problema specifico, ma da arricchirlo professionalmente;
- A fare di te un punto di riferimento in relazione a quell’argomento specifico;
- A fornire a Google un contenuto pilastro sul quale concentrare maggiore attenzione;
- A ricevere molti link in ingresso in modo naturale, perché un articolo ben sviluppato verrà citato come fonte da altri blog di settore;
- A posizionarti potenzialmente meglio su Google, visto che numerosi studi hanno dimostrato la correlazione diretta tra l’aumento della lunghezza del testo e il posizionamento ottenuto.
Per quello che è il mio approccio al blogging, un piano editoriale deve prevedere dei pillar article, dai quali, poi, sviluppare in verticale altri articoli meno corposi, che avranno un doppio ruolo:
- Trattare l’argomento sotto altri punti vista;
- Sostenere il pillar, attraverso una attività di link building interna.
Si, perché il pillar, per essere considerato centrale da Google, deve ricevere molti link in ingresso dalle altre pagine del tuo blog che trattano un argomento ad esso collegato.
A questo proposito, ti consiglio di guardare il video in cui Neil Patel spiega come fare la link building interna.
How to Get More Search Engine Traffic with Internal Linking
Come scrivere un piano editoriale
Come ho accennato all’inizio dell’articolo, per me il piano editoriale è un documento molto articolato, che va scritto in modo adeguato prima di consegnarlo al cliente.
Per prima cosa, deve mettere in condizione quest’ultimo di comprendere qual è il tuo progetto, quindi evita le supercazzole e i giri di parole.
Io divido il piano editoriale in 3 parti.
1. Documento di sintesi
Si tratta di un documento di una decina di pagine, all’interno del quale illustro il progetto di blogging che intendo attivare per l’azienda.
Inizio con una analisi del brand e del settore nel quale opera, per identificare bene l’area e il contesto nel quale si va a intervenire.
Poi, mi concentro sul tipo di posizionamento che si intende ottenere, e non mi riferisco solo a quello sui motori di ricerca, ma proprio dal punto di vista del brand.
Quindi, si stabilisce il tipo di messaggio da veicolare, la mission e la filosofia aziendale, il linguaggio da adottare, il tono di voce, la gestione delle interazioni.
Nella parte successiva, mi dedico alla strutturazione del blog in senso stretto, ovvero quali sono le macro aree sulle quali intervenire, quanti articoli al mese produrre, che tipologia di articolo, da chi sarà composta l’eventuale redazione, chi è il referente interno all’azienda deputato al progetto di blogging.
Questo documento va scritto come se fosse un piano strategico aziendale, mettendoci di conseguenza la giusta cura e attenzione.
2 Articoli da produrre
Al documento di sintesi affianco un file excel nel quale sono indicati tutti gli articoli da produrre, per un tempo che varia a seconda degli accordi presi con il cliente.
Per quello che è il mio approccio, cerco sempre di lavorare su un minimo di 6 mesi.
Questo file excel riporta quei 9 elementi di cui ti ho parlato prima, e che consentono al cliente, ma anche e soprattutto a chi dovrà produrre i contenuti, di sapere quali articoli ospiterà il blog.
3 Calendario Editoriale
Il calendario editoriale è, di fatto, la schedulazione del lavoro da svolgere. Io sono solito farlo su base mensile, ma questa è una scelta personale.
Ogni mese, preparo il calendario editoriale per il mese successivo, indicando Titolo, Blogger e data di pubblicazione.
Amando lavorare su Google Drive, inserisco anche il link al documento condiviso da utilizzare per scrivere l’articolo, al cui interno indico i vari H2 e le fonti autorevoli alle quali attingere.
In questo modo, il lavoro può procedere in modo più semplice e lineare.
Conclusioni
Ok, direi che mi sono dilungato abbastanza. Spero di averti fornito delle indicazioni utili sul perché sviluppare un piano editoriale per il tuo blog e su come farlo.
Sia chiaro, questo è il mio approccio personale, non è il Vangelo, ma con me funziona.
Prima di proporre ad un cliente di aprire un blog aziendale, assicurati di essere in grado di sviluppare un progetto che sia frutto di valutazioni oggettive e analisi attente, altrimenti rischierai di fare una figuraccia.
Il materiale che hai fornito è ricco di valore, grazie Francesco!
Grazie mille Anonimo (come ti chiami?).
Forse sarò un pò polemico. Ma se davvero il blog serve principalmente agli utenti e non al blogger perchè molti blog sono strariempiti di pubblicità. Non parlo di quella laterale, ma di quella fastidiosissima che ti appare all’improvviso. In alcuni siti adesso adirittura appaiono video dal nulla… o ancora i “mi piace” obbligatori che puoi levarli soltanto pigiando sulla x. Peggio ancora quei blog dove per leggerti un articolo (sopratutto tutorial) devi cliccare “avanti”. E’ normale che questi siti puntano soltanto al guadagno, personalmente quando “googlando” arrivo in questi siti scappo subito. Insomma diciamo che un blogger che punta soltanto al guadagno si nota subito, basta guardare la struttura del suo sito e vedere quanta pubblicità invasiva vi inserisce…
In effetti non c’entra niente con l’articolo, ma sono pienamente d’accordo con te. Moltissimi portali editoriali sono innavigabili, e io ho avuto la possibilità di fare consulenza ad un grosso (enorme) sito di ricette in Italia che aveva ed ha tutt’ora questo problema.
La verità è che la qualità dei contenuti non interessa all’editore, gli interessa solo fare visite, e rivendere questi numeri agli inserzionisti. Quello non è blogging, è un’altra cosa.
Post supereccezzzionale complimenti Mi è stato molto utile e, allo stesso tempo, mi ha spaventato….non ce la farò mai!
Ce la puoi fare, fidati! Grazie mille.
Questo articolo arriva al momento giusto, e ti ringrazio di avere inserito tutte queste informazioni utilissime. Sto lanciando un nuovo progetto web dove incluso c’è anche un blog.
In bocca al lupo per il progetto allora. Sono felice che ti sia risultato utile.
Ciao Francesco grande post! Complimenti!
Grazie mille 🙂
Complimenti per l’articolo ! Fornisce in maniera diretta e chiara tutti i concetti preannunciati nel titolo e nella prefazione d’articolo. Letto tutto di un fiato, e per un articolo di queste dimensioni o tratta l’argomento benissimo come hai fatto tu o lasci subito la pagina
Grazie di cuore. Sono felice che tu lo abbia trovato utile e chiaro, e soprattutto che sia riuscito a leggerlo in un’unica volta. Mi rincuora 🙂