Intro: Qual è il futuro del content marketing? I contenuti verranno prodotti dallo staff dell’azienda oppure da freelance e consulenti esterni? Ecco qualche considerazione in merito.
L’altro giorno stavo studiando il Rapporto sullo stato dell’Inbound Marketing 2016, redatto da HubSpot, e mentre riflettevo sui dati – molto interessanti, e ai quali dedicherò un approfondimento su Contenuti Utili molto presto – mi sono imbattuto su un grafico che mi ha colpito.
Questo:
Di cosa parlo in questo post
Cosa ci dicono questi dati?
Leggendo il grafico, il dato decisamente interessante, almeno per me, è la crescita esponenziale della percentuale di aziende che si affidano al personale interno per la produzione dei contenuti, e non ad agenzie esterne o a freelance.
Stiamo parlando di un 71%, che è una enormità, soprattutto se si considera l’aumento del 30% nel giro di un anno.
Nel grafico si legge anche un’altra cosa, che mi rincuora, ovvero che a prescindere da chi produce il contenuto, il tempo di produzione dello stesso è adeguato allo scopo, almeno per quello che è il mio approccio alla produzione di contenuti.
Un contenuto utile, di qualità, non può essere prodotto in meno di un’ora, soprattutto se si tratta di formati diversi dal semplice blogpost.
Content marketing: chi produce i contenuti?
Stando ai dati raccolti da HubSpot, che non è proprio la bancarella del torrone della festa di San Felice, sembrerebbe che ad occuparsi della produzione dei contenuti sia il personale in azienda, anche se non ci è dato sapere se si tratta di un team dedicato al marketing oppure siano dipendenti e stagisti, almeno se ci riferiamo a quel 71% etichettato con il termine generico “Staff”.
Ora, premetto che si tratta di dati raccolti su un campione comunque molto ampio, come specificato nell’introduzione del Rapporto:
The majority of our over 4,500 respondents are non-HubSpot customers hailing from marketing backgrounds in B2B, B2C, small, and mid-sized businesses. Half of the companies represented here generate under $1 million each year. With data collected from all corners of the map, this document represents over 132 countries. A truly global community.
Certo, parliamo di statistiche, e anche se qualcuno potrebbe citarmi la famosa frase di Churchill “Le sole statistiche di cui ci possiamo fidare sono quelle che noi abbiamo falsificato”, credo che una realtà come HubSpot sia da considerare autorevole.
I dati raccolti, però, sono riportati per macro aree geografiche, e l’Italia è solo uno sputo in un gruppo molto ampio denominato EMEA (Europe, Middle East, Africa), quindi non so quanto siano applicabili alla situazione del nostro Paese.
Una cosa è certa, l’interesse per il content marketing sta aumentando a dismisura ovunque nel mondo, e le aziende si stanno adoperando per investire sempre di più in questo segmento.
La mia domanda, però, resta: se a produrre i contenuti sono membri interni dell’azienda, qual è il futuro che si troveranno ad affrontare i freelance che operano nel settore? Io, che cazzo farò in futuro?
[Tweet “Qual è il futuro che si troveranno ad affrontare i #freelance del #contentmarketing”]
Content marketing: il futuro è nella consulenza
Rispetto a questa questione mi sono confrontato su Facebook con Luca De Berardinis, una delle figure a mio avviso più competenti sul content marketing in Italia, il quale mi ha risposto dicendo che il futuro dei freelance è quello di fare consulenza alle aziende e insegnare al personale interno come produrre i contenuti in modo efficace.
[Tweet “Il futuro dei #freelance è fare consulenza alle aziende – cit. @lucadb “]
Concordo con lui rispetto al fatto che sia questo lo scenario più plausibile per il settore, ma ho forti dubbio sulle tempistiche, nel senso che non credo che in Italia si sia già giunti a questo punto.
Per carità, è solo la mia esperienza diretta che mi porta a questa conclusione, ma non credo che le aziende, in Italia, abbiano la sensibilità per formare personale interno da dedicare alla produzione di contenuti.
L’altro mio dubbio, che ho esposto anche a lui, è il seguente: come fa un freelance a fare esperienza ed acquisire quel bagaglio di conoscenze e competenze da offrire alle aziende in qualità di consulente, se l’operatività del content marketing viene svolta per intero dal personale interno?
Sì, perché se non ti sporchi le mani facendo la gavetta, come pensi di diventare un consulente così competente da poter dire agli altri come fare content marketing?
[Tweet “Se non ti sporchi le mani facendo la gavetta, come pensi di diventare un consulente?”]
Perché va bene che chi non ha talento insegna, e chi non sa insegnare insegna educazione fisica (grazie Woody!), ma adesso non esageriamo.
Content Marketing: chi firma i contenuti?
Qualche tempo fa Alessio Beltrami, autorevole e noto esperto di Content Marketing, ha pubblicato un articolo dedicato proprio a questo argomento, spiegando il suo punto di vista.
Nell’articolo c’era anche un video, che ti riporto di seguito.
https://youtu.be/4DfZoCUIhOg
In questo video Alessio dice due cose molto importanti:
- I contenuti di un blog vanno firmati con nome e cognome, e non con “redazione” oppure “nome azienda”;
- A metterci la faccia devono essere i membri dello staff aziendale.
Sul primo punto sono d’accordo al 100%, perché l’associazione contenuto/persona è molto importante, fondamentale a mio modo di vedere. Sul secondo, invece, che tra l’altro risulta essere perfettamente in linea con i dati HubSpot, ho dei dubbi, e intendo spiegarli subito.
Partendo dal presupposto che avere personale interno all’azienda capace di produrre degli ottimi contenuti – seguendo una strategia ben delineata a monte da un consulente esperto – sia la soluzione migliore per tutti, bisogna ammettere che è molto raro che avvenga, almeno nelle piccole e medie imprese italiane, spesso a conduzione familiare o quasi.
Per me, esistono tre strade che si possono percorrere quando si sviluppa una strategia di content marketing, declinata attraverso una attività di blogging aziendale.
[Tweet “Esistono tre strade per sviluppare una strategia di #contentmarketing”]
1 – Blogger esterni
Il consulente ingaggia uno o più blogger esperti, con comprovata esperienza nel settore e un buon personal branding da sfruttare per far conoscere l’azienda, e gli assegna una serie di contenuti da produrre, che verranno poi pubblicati a suo nome.
Quindi, oltre a svolgere il lavoro operativo di produzione del contenuto, dovrà metterci la faccia, e condividere il post sui social cercando di portare traffico e far conoscere il brand.
Questa soluzione è spesso la più rapida, perché non c’è bisogno di formare il blogger, sarà sufficiente fornirgli delle linee guida e un piano editoriale ben strutturato.
2 – Ghost Blogger
La soluzione n.1 ha numerosi vantaggi, ma rappresenta anche un’arma a doppio taglio, perché quando non c’è legame tra il blogger e il settore nel quale opera l’azienda il risultato potrebbe essere meno efficace del desiderato.
Però, bisogna dire che se l’obiettivo non è solo quello di fare branding, ma di produrre contenuti seo oriented per provare a posizionarsi su Google e intercettare traffico profilato, allora si può ovviare al problema facendo produrre il contenuto al blogger esterno ma firmarlo a nome di un membro dell’azienda.
Certo, non deve scrivere minchiate e deve fare molta attenzione al tono di voce che utilizza, ma una volta impostato in fase di sviluppo della strategia, dopo non dovrebbe avere problemi.
3 – Blogger esterno + Personale Interno
L’ultima soluzione, sempre quando non è possibile avere il 100% dei contenuti prodotti dal personale interno dell’azienda, è quella di creare una sinergia tra il consulente, il blogger esterno e lo staff.
Come?
È molto semplice. Se il membro dello staff assegnato al content marketing non ha il tempo per produrre tutti i contenuti da solo, si può fare in modo che ne faccia solo qualcuno, dando però il suo contributo a quelli che dovrà produrre il blogger esterno, o i blogger esterni.
Cosa intendo dire con questo?
Se partiamo dal presupposto, corretto, che il membro interno dell’azienda conosce decisamente meglio il settore nel quale opera la stessa rispetto al blogger esterno, quest’ultimo potrebbe sopperire alla mancanza ricevendo delle indicazioni di carattere tecnico da lui, per sviluppare nel modo migliore possibile il contenuto assegnatogli.
Io lo faccio, e devo dire che la trovo una soluzione ottima, perché si fonde la conoscenza del settore di chi ci lavora con la capacità di scrittura e di ottimizzazione del contenuto del blogger esperto.
Il risultato, secondo me, è molto buono.
E tu? Cosa ne pensi di tutto questo? Come pensi che si evolverà il ruolo del content marketer nei prossimi anni?