Di cosa parlo in questo post
Il mio percorso da scrittore è figlio del mio essere lettore. Ecco quali sono i libri e gli autori che mi hanno cambiato la vita.
Oggi non voglio parlarti né di blogging né di social media marketing, e per la prima volta da quando ho aperto il mio blog pubblicherò un post off topic, anche se non al 100%. Sì, perché quello che ti accingi a leggere è il mio “Curriculum del lettore”, un’iniziativa lanciata dalla brava Rita Fortunato, compagna d’avventura nella famiglia di #adotta1blogger.
Qualche settimana fa, sul suo blog paroleombra.com, Rita ha pubblicato un post contenente il suo percorso da lettrice, dagli “esordi” ad oggi, e l’idea mi è piaciuta così tanto da spingermi a infrangere la regola n.1 del mio blog: non parlare di cose che riguardano solo me.
Il mio approccio alla scrittura risente moltissimo delle letture che ho fatto, quindi proprio fuori tema non sto andando, anche se è ovvio che si tratta di qualcosa di molto personale.
Una casa piena di libri
Sono fortunato, perché mio padre è un lettore onnivoro, e questo mi ha consentito di crescere con il culto del libro, inteso proprio come oggetto materiale che trovavo ovunque in ogni stanza della casa. Il soggiorno della casa dei miei genitori è una sorta di piccola libreria, con circa 3000 volumi stipati in tre scaffali e disseminati su ogni superficie orizzontale.
È evidente che in un contesto del genere avevo solo due possibilità: innamorarmi della lettura oppure rifiutarla, come atto di ribellione nei confronti dell’autorità di mio padre.
Fortunatamente, il suo invitarmi a leggere questo o quel libro non è mai stato troppo invadente, e lo ringrazio per questo, così come gli sarò sempre grato per avermi costretto, da piccolino, a guardare le commedie di Eduardo De Filippo, i film di Totò, quelli di Troisi e Operazione San Gennaro.
Ricordo molto vivamente che il primo libro consigliatomi da mio padre quando avevo circa dieci-undici anni fu Robinson Crusoe, ma confesso di non averlo apprezzato particolarmente e di averlo interrotto dopo poche pagine.
Canto di Natale
Il romanzo che ha accesso in me la scintilla è stato “Canto di Natale” di Charles Dickens, che ancora oggi considero il mio libro preferito in assoluto.
Il personaggio di Ebenezer Scrooge l’ho sempre adorato, perché credo che la sua evoluzione, narrata magistralmente dallo scrittore inglese, sia una delle più emozionanti e illuminanti della storia della letteratura mondiale. Sapere che anche un uomo burbero, solo, e di una certa età, sia in grado di cambiare per paura di essere dimenticato mi ha sconvolto l’esistenza, facendomi capire che, qualunque cosa accada nella vita, c’è sempre tempo per rimediare.
Egli era abbastanza saggio da sapere che su questo globo niente di buono è mai accaduto, di cui qualcuno non abbia riso al primo momento.
E sapendo che in ogni modo la gente siffatta è cieca, pensò che non aveva nessuna importanza se strizzavano gli occhi in un sogghigno, come fanno gli ammalati di certe forme poco attraenti di malattie.
Il suo cuore rideva e questo per lui era perfettamente sufficiente.
Non ebbe più rapporti con gli spiriti; ma visse sempre, d’allora in poi, sulla base di una totale astinenza; e di lui si disse sempre che se c’era un uomo che sapeva osservare bene il Natale, quell’uomo era lui.
Possa questo esser detto veramente di noi, di noi tutti! E così, come osservò Tiny Tim, che Dio ci benedica, tutti!
“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”
I miei gusti letterari sono da sempre molto eterogenei, perché riesco ad apprezzare sia Fabio Volo che José Saramago, ecco perché dopo aver amato tanto un romanzo dai sentimenti così puri, mi sia poi appassionato alla storia cupa di Christiane F., narrata nel bellissimo “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”.
Quando hai 15 anni e sei, come me, un po’ ribelle, il mondo della droga in un modo o nell’altro lo devi conoscere, ed io ho deciso che volevo farlo attraverso le vicende di questa ragazzina tedesca che perde l’innocenza per farsi travolgere dal vortice dello “sballo”, in un periodo in cui l’eroina era di moda.
Mi piace pensare che se ho evitato certi giri è stato grazie a questo libro, quindi posso dire che, in un certo senso, mi ha salvato la vita.
Non sapevo più perché avevo paura di morire. Di morire da sola. I bucomani muoiono da soli. La maggior parte in un cesso puzzolente. Ed io volevo morire. In realtà non aspettavo niente altro che quello. Non sapevo perché ero al mondo. Anche prima non lo avevo mai saputo con esattezza.
“Il ritratto di Dorian Gray” e l’ironia di Oscar Wilde
Il passaggio successivo, non so perché, è stato innamorarmi della produzione letteraria di Oscar Wilde. Tutto è iniziato, come per molti, con “Il ritratto di Dorian Gray”, per poi proseguire con buona parte delle sue opere, anche teatrali. La sua capacità di tratteggiare l’anima dei personaggi attraverso frasi ad effetto mi ha sempre affascinato, oltre alla sua ironia, che trovo sublime.
Leggere il De Profundis, poi, mi ha fatto capire quanto possa essere dura vivere i propri sentimenti con pienezza quando il mondo ti dice che è sbagliato. Pensare che sia ancora così, fa male.
Rimpiangere le proprie esperienze significa arrestare il proprio sviluppo. Rimpiangere le proprie esperienze significa porre una menzogna sulle labbra della propria vita. È quasi come negare l’esistenza dell’anima.
“Confessioni di un codardo” e l’universo squallido di Hank Chinaski
La mia anima ribelle non poteva non incontrare il grande Bukowski, scrittore amato e odiato, spesso criticato per il suo linguaggio molto prosaico, ma che, guarda caso, a me piace proprio per quello.
Io non amo gli scrittori pomposi, quelli che per descrivere un camino riempiono dieci pagine con dettagli assolutamente inutili ai fini della storia, preferisco quelli che in due parole riescono a racchiudere un mondo, perché sta al lettore costruirsi quell’universo abbozzato nelle pagine di un libro, altrimenti non c’è gusto.
Nella libreria di mio padre c’era solo un volume di Bukowski, “Confessioni di un codardo”, così ho iniziato da lì. Ricordo che mentre lo leggevo pensavo: “perché non l’ho scritto io?”. Era perfetto; lo stile, il linguaggio, il ritmo (per me fondamentale), l’utilizzo della prima persona, i personaggi squallidi ma al tempo stesso così veri. Mi innamorai di quel “vecchio porco” all’istante.
Dopo ho letto molte altre cose di Henry “Hank” Chinaski, e ho intenzione, un giorno, di scrivere un romanzo intitolato “Confessioni di un misantropo” e dedicarglielo. Magari da vecchio!
Non ce la fanno i belli muoiono tra le fiamme:
sonniferi, veleno per i topi, corda, qualunque cosa…
Si strappano le braccia, si buttano dalla finestra, si cavano gli occhi dalle orbite, respingono l’amore
respingono l’odio respingono, respingono.
Non ce la fanno i belli non resistono, sono le farfalle, sono le colombe, sono i passeri, non ce la fanno.
Una lunga fiammata mentre i vecchi giocano a dama nel parco.
Una fiammata, una bella fiammata mentre i vecchi giocano a dama nel parco, al sole.
I belli si trovano all’angolo di una stanza
accartocciati tra ragni e siringhe, nel silenzio, e non sapremo mai perché se ne sono andati, erano tanto
belli.
Non ce la fanno i belli muoiono giovani e lasciano i brutti alla loro brutta vita.
Amabili e vivaci: vita e suicidio e morte mentre i vecchi giocano a dama sotto il sole nel parco.
“Alta Fedeltà” e la scrittura visiva di Nick Hornby
Crescendo ho cercato di ampliare i miei orizzonti, ed è allora che ho incontrato lungo la mia strada Nick Hornby, lo scrittore contemporaneo (vivente) che amo di più. I suoi romanzi li ho sempre divorati in pochi giorni, perché la scrittura senza fronzoli e l’attenzione dedicata ai personaggi rendono le sue storie appassionanti come poche altre.
Inoltre, ha una scrittura molto visiva, e per me che ho una formazione cinematografica è il massimo. Quando leggi About a Boy o Alta Fedeltà – che per un amante della musica come me è fondamentale – ti si proietta davanti agli occhi il film, fotogramma su fotogramma, e quando uno scrittore riesce a “mostrare” quello che racconta nel suo libro credo che sia da ammirare.
Il passato lo padroneggio niente male. È il presente che non capisco.
“L’uomo duplicato” e l’incontro con Saramago
Qualche anno fa, non ricordo esattamente quanti ma almeno 6-7, andai nella “stanza dei libri” per spulciare un po’ le librerie e trovare un nuovo libro da leggere. Mio padre era lì, seduto sul divano, a leggere l’ennesimo libro con la luce della finestra alle spalle e gli occhialini comprati dai cinesi a € 1,50. Mi chiese cosa stessi cercando e gli risposi che volevo un libro da leggere ma che avevo le idee confuse.
Lui chiuse il libro, usando come segnalibro uno di quei fogliettini voltanti che usa sempre e sui quali si appunta delle cose, si allungò sul mobiletto di vetro posto sulla parete accanto al divano, prese un libro e me lo passò. Era “L’uomo duplicato” di José Saramgo, un’altra cosa per la quale dovrò ringraziarlo per il resto della vita.
Un romanzo fantastico, che mi fece scoprire quello che sarebbe diventato il mio scrittore preferito in assoluto. Da quel momento in poi i ruoli s’invertirono, con me che compravo nuovi libri dello scrittore lusitano e li prestavo a mio padre per farglieli leggere.
Cecità, Saggio sulla Lucidità, Il Vangelo Secondo Gesù Cristo, La Zattera di Pietra, Lucernario, L’anno della morte di Riccardo Reis, Le intermittenze della morte, Caino, Viaggio in Portogallo (l’unico che non ho apprezzato), ogni volta che leggo un suo libro mi sento arricchito, perché c’è sempre qualcosa di magico nelle sue storie e nei suoi personaggi.
Gli esseri umani sono universalmente conosciuti come gli unici animali capaci di mentire, e se è vero che a volte lo fanno per paura, e a volte per interesse, a volte lo fanno anche perché si sono accorti in tempo che era l’unico modo che avevano per difendere la verità.
È evidente che non abbia citato molti romanzi e autori che comunque mi hanno dato qualcosa, ma questi sono quelli che veramente mi hanno segnato, in un modo o nell’altro.
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Spero che questa mia incursione nel regno dell’off topic non ti abbia disturbato troppo, e ti invito a partecipare a questa iniziativa, scrivendo un post sul tuo blog (se ne hai uno) o lasciando un commento qui sotto.
Dai, sono curioso di conoscere il tuo “curriculum del lettore”.
A presto!