Intro: Dopo le recenti dichiarazioni, il “popolo della rete” si è scatenato contro Umberto Eco. Prima di esprimere un giudizio, ho fatto qualche ricerca. Ecco cosa ne ho ricavato.
Ho atteso qualche giorno prima di scrivere un post sulla vicenda che ha coinvolto il compianto semiologo e scrittore Umberto Eco, e l’ho fatto per una serie di ragioni.
La prima, è che non mi fido più di quello che pubblicano i giornali, quindi se la cosa mi interessa la approfondisco prima di farmi un’idea e formulare un eventuale giudizio.
La seconda, è che nutro un grande rispetto per gli uomini di cultura, ed Umberto Eco è stato uno dei pochi intellettuali viventi ad aver cambiato, con il suo lavoro, il modo in cui studiamo il linguaggio e la comunicazione, senza contare lo straordinario talento nella scrittura di romanzi.
La terza, è che non sopporto chi spara sentenze sui social senza nemmeno sapere di cosa sta parlando.
Ricostruendo velocemente i fatti, ecco cos’è successo.
Durante la consegna della Laurea Honoris Causa presso l’Università di Torino, intervistato da alcuni giornalisti, Eco ha rilasciato la seguente dichiarazione:
I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.
La notizia è stata diffusa prima dall’Ansa, poi ripresa da moltissimi giornali, primo fra tutti l’Huffington Post, in un articolo scritto molto male, nel quale, tra le altre cose, era stata erroneamente indicata la titolarità da parte di Eco dell’ambito Premio Nobel, che non ha mai vinto (dopo numerose segnalazioni, l’errore è stato corretto).
Apriti cielo! Tutti sui social hanno iniziato a criticare le parole di Eco, prima ancora di aver potuto ascoltare l’intero intervento, visto che il video è stato rilasciato solo dopo qualche ora, quando ormai il linciaggio era già partito.
Io, che non mi sono sentito offeso dalle sue parole nonostante sia un operatore del settore, ho atteso ed ho visto il video, che ti riporto qui per completezza d’informazione.
Che cos’ha detto Umberto Eco davvero?
Beh, ha sostanzialmente detto che il web è ricco di bufale, che i giornali non sono in grado di analizzare criticamente i siti web che spesso usano come fonte, che i giovani dovrebbero essere aiutati dai professori nell’imparare a filtrare le informazioni presenti online, che Twitter ha avuto degli effetti molto positivi in Cina, o in Turchia, o addirittura che se ci fosse stato internet durante il nazismo probabilmente i campi di sterminio non avrebbe potuto mietere tutte quelle vittime innocenti, perché la notizia sarebbe stata diffusa.
Però, proprio la natura aperta e senza controlli di Twitter, ma dei social network in generale, consente agli imbecilli di sparare minchiate dalla sera alla mattina.
Ecco, io non so cosa ne pensi tu, ma a me non sembra che abbia detto delle cose insensate, eppure queste sue parole hanno scatenato l’inferno, facendo piovere sul professore insulti di ogni genere e forma.
Diverso sarebbe stato se si fosse intavolata una discussione sui pro e contro della rete, con una persona estremamente colta e competente, non proprio l’ultimo dei cretini. Si può essere in disaccordo anche senza offendere, perché chi offende vuol dire che non ha la capacità di esprimere un’opinione di senso compiuto.
Io non sono molto interessato a dimostrare la verità o meno delle sue affermazioni, quello che mi ha spinto a scrivere questo post è la curiosità nei confronti di un personaggio che stimo molto, che ha un’idea del mio mondo – essendo io un lavoratore della rete – in parte diversa dalla mia, ma non così tanto.
Quindi, ho deciso di fare una cosa, che avrebbero dovuto fare anche i sedicenti giornalisti che scrivono, loro sì, minchiate dalla mattina alla sera, senza preoccuparsi delle fonti: ho fatto qualche ricerca per capire se le parole di Umberto Eco fossero venute dal nulla o, al contrario, fossero state già pronunciate in altre occasioni.
La prima cosa che ho fatto, essendo stato Eco un professore molto stimato, le cui teorie vengono studiate nelle Università, è stato andare su Google Scholar ed effettuare una ricerca con una query molto banale: Umberto Eco Internet.
Tra le centinaia di risultati, sono riuscito ad accedere ad alcuni documenti non protetti da registrazioni e password, ed ho potuto constatare che quello che ha detto pochi giorni fa lo ha ripetuto in più di un’occasione, anche in articoli scritti di suo pugno.
Ho scoperto, così, che Eco non aveva affatto una pessima opinione di Internet, ma ne evidenziava criticità ed aspetti negativi, come farebbe un qualunque studioso della comunicazione degno di questo nome.
Infatti, Eco è stato un “sostenitore” di Wikipedia, che consigliava di utilizzare ai giovani studenti che devono effettuare delle ricerche, perché le schede presenti sull’enciclopedia online sono spesso ben fatte, anche se non possono ovviamente essere esaustive al 100%, sottolineando però che un’apparente assenza di controllo centrale e l’apertura della piattaforma alle modifiche da parte di chiunque la rendono più vulnerabile.
Un dibattito sta agitando il mondo di Internet ed è quello su Wikipedia. Per chi non lo sappia, si tratta di una enciclopedia in linea che viene scritta direttamente dal pubblico. Non so sino a qual punto una redazione centrale controlli i contributi che arrivano da ogni parte, ma certamente quando m è capitato di consultarla su argomenti che conoscevo (per controllare solo una data o il titolo di un libro) l’ho sempre trovata abbastanza ben fatta e bene informata. Però l’essere aperta alla collaborazione di chiunque presenta i suoi rischi, ed è accaduto che certe persone si siano viste attribuire cose che non hanno fatto e addirittura azioni riprovevoli. Naturalmente hanno protestato e la voce è stata corretta. – Tratto da “Come copiare da Internet”, Umberto Eco – L’espresso, 19/01/2001
In un’intervista rilasciata a Famiglia Cristiana il 22 Agosto 2012, Umberto Eco ha parlato di Internet e del progetto di una Enciclopedia Multimediale online da lui creata, che si chiama Encyclomedia.
Rispondendo alle domande del giornalista, Eco parla del rapporto tra conoscenza e memoria, sottolineando come le nuove tecnologie possano ricoprire un ruolo fondamentale nella consultazione e nell’apprendimento, soprattutto per i più giovani, che, se correttamente seguiti e stimolati dagli insegnanti, potrebbe sfruttare internet per imparare seguendo dei pattern non tradizionali, ovvero non divisi in blocchi non comunicanti.
Ad esempio, se tu studi storia medievale non crei dei collegamenti con l’arte di quel periodo storico, al massimo lo fai in due momenti separati e con due professori diversi, oppure non sei portato a chiederti se due personaggi siano vissuti nello stesso momento oppure no. Con Internet, e con la sua Enciclopedia, questo percorso è possibile. Farlo senza questa capacità di filtrare le informazioni può avere, invece, effetti deleteri.
Quello che mi ha colpito moltissimo dell’intervista è la risposta di Eco alla seguente domanda:
Un saggio recente di Nicholas Carr si intitolava “Internet ci rende stupidi?”. Per l’autore, la risposta era sì, in quanto ci rende meno capaci di concentrazione. Qual è la sua idea?
Quello che ha detto il semiologo di fama mondiale mi ha dato da pensare.
Internet è come una sterminata biblioteca senza filtraggio. La virtù delle biblioteche, come delle enciclopedie, non è soltanto quella di conservare la memoria, ma di buttare via quello che a una cultura non serve. Se non buttassimo via nulla saremmo come Funes el memorioso, di un racconto di Jorge Luis Borges. Questo personaggio ricordava tutto: era un uomo dalla memoria totale, incapace di ragionare, perché incapace di filtrare. Internet è come Funes: contiene tutto, il vero e il falso, il che è un grave rischio soprattutto per i giovani. Quanto alla capacità di concentrazione, è vero che siamo sottomessi a un intenso flusso di informazioni che rafforzano la smemoratezza, e proprio in questo senso è essenziale sapere compiere una operazione di filtraggio .
Queste sue parole le ho ritrovate, poi, in diversi altri interventi pubblici, segno di una teoria consolidata, e non frutto del momento. Ad esempio, circa un anno fa, precisamente il 13 settembre del 2014, Umberto Eco ha tenuto una Lectio Magistralis dal titolo “Comunicazione: soft e hard”, in apertura del primo Festival della Comunicazione di Camogli.
Dopo la lezione è stato intervistato da David Parenzo negli studi di #LIVEon4G. Te la riporto di seguito.
Il concetto di “ipernutrizione semiotica” al quale fa riferimento il giornalista l’ho trovato molto interessante. In poche parole, il nostro essere bombardati da una quantità enorme di informazioni, senza la capacità di selezionare e filtrare ciò che è utile da ciò che è inutile, finisce con il renderci degli imbecilli. Inoltre, l’accumulo di informazioni senza filtraggio ci abitua a non memorizzarle, perché basta fare una ricerca per trovarle senza sforzi.
In un altro intervento, infatti, Eco dichiarò che Internet fosse la causa di un Alzheimer sociale, proprio per il fatto che le informazioni sono sempre lì a nostra disposizione, quindi non abbiamo bisogno di ricordarle.
Non ho scelto a caso questo video, e se hai avuto la curiosità di guardarlo fino alla fine ti sarai reso conto che Twitter ed il bar sport sono presenti anche qui, un anno fa. Se non l’hai visto, scorri la barra del video fino a 10 minuti.
Sono esattamente le stesse parole che ha usato anche all’Università di Torino, eppure tutto questo clamore non ci fu all’epoca.
Cosa ne ho ricavato io da questa breve fase di studio e analisi? Beh, mi ha consentito di scoprire che Umberto Eco considerava Internet un grande strumento di accesso alle informazioni, ma senza una capacità critica di osservazione e filtraggio, ci espone alle chiacchiere al vento di legioni di imbecilli.
Ecco, io sono d’accordo con lui, perché considero il web una grande finestra sul mondo, ma è ricca anche di puttanate immonde, e senza un minimo di spirito critico si rischia l’obnubilamento.
Tra l’altro, le offese gratuite che il “popolo della rete” ha rivolto al professore Eco hanno confermato la sua teoria. Se si fossero presi il disturbo di andare oltre la frase, tra l’altro estrapolata dal contesto, e avessero fatto un minimo di ricerca in merito, avrebbero potuto anche dargli torto, ma con criterio. Invece no, hanno vinto, ancora una volta, gli imbecilli.
P.S: Tanto per essere chiari, Eco non ha detto che tutti quelli che usano i social sono degli imbecilli, ma che i social consentono a questi ultimi di avere diritto di parola. Non è proprio la stessa cosa.
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