Il tuo blog è come un Tamagotchi

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Da una riflessione a un ricordo dell’adolescenza. Quello che ne è scaturito è un paragone azzardato, ma efficace. Ti va di leggerlo?

Se c’è una cosa che non sopporto sono i discorsi generazionali, quelli del tipo “i giovani d’oggi” o “ai miei tempi”, perché sono come i trenini delle feste ne “La Grande Bellezza”: non vanno da nessuna parte.

Quelli della mia generazione – ma anche di quelle successive – sono costretti a sentirsi ripetere fino alla nausea sempre lo stesso refrain, che siamo sempre con lo smartphone in mano, che siamo dissociati da un realtà che, se solo le prestassimo la giusta attenzione, potrebbe sbalordirci, ed in parte è vero, perché siamo troppo coinvolti con le tecnologie che ci circondano.

Ma è così da sempre, solo che spesso ce ne dimentichiamo.

Dal giornale allo smartphone, nulla è cambiato

Prima in treno vedevi persone intente a leggere i giornali, pochi guardavano fuori dal finestrino o parlavano con gli altri viaggiatori, poi sono arrivati i walkman, i primi cellulari, i lettori mp3, gli iPod, i palmari, fino agli smartphone, ma questa si chiama evoluzione.

Quello che non capisco è per quale motivo l’uomo che legge il giornale o un libro viene considerato colto e attento a ciò che succede nel mondo, mentre chi usa lo smartphone è un decerebrato.

Magari anche lui sta leggendo un articolo di giornale, o un libro, ma la maggior parte delle persone non la prende proprio in considerazione questa ipotesi.

Riflessioni di un viaggiatore solitario

Riflettevo su questa cosa qualche giorno fa, mentre ero in treno. Io sono un viaggiatore solitario, la prima cosa che faccio è infilarmi le cuffie, metto la musica a palla e mi dedico alla lettura di un libro, di una rivista o di articoli e blogpost sull’iPhone o sul Kindle, ignorando gli altri.

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Che devo fare? Odio le chiacchiere inutili, quelle da sala d’attesa.

Mentre riflettevo, ho cercato di ricordare cosa facessi in passato, prima di avere uno smartphone e di potermi connettere ad internet in mobilità, e mi sono reso conto che è sempre stato così, musica, libro e un qualunque dispositivo elettronico con il quale impiegare il tempo.

Così, ho fatto uno sforzo di memoria ulteriore, per far riaffiorare alla mente come mi comportassi all’epoca dei primi viaggi in treno senza genitori, quando m’iscrissi al liceo, e nonostante la mia pessima memoria, ci sono riuscito.

Prima delle App, c’era il Tamagotchi

A farmi compagnia durante il breve tragitto casa-scuola c’era un giochino tascabile chiamato Tamagotchi. Era il 1997, avevo 13 anni.

Per chi no lo sapesse, il Tamagotchi era un giochino delle dimensioni di un portachiavi, con tre pulsanti, che consisteva nel tenere in vita un esserino alieno, una sorta di animaletto digitale, che dovevi nutrire, lavare, curare, far divertire, altrimenti moriva, con tanto di inquietanti immagini di lapidi e angioletti della morte.

Tu adesso ti starai – giustamente – chiedendo perché ti sto raccontando queste cose, ma ti assicuro che una ragione c’è, e te la spiego subito.

Dopo questo viaggio nei ricordi, infatti, ho fatto una strana associazione, paragonando il blog ad un Tamagotchi.

Blog e Tamagotchi: punti in comune

Non sono impazzito (credo), ti assicuro che tutto questo ha un senso. Pensaci un attimo; l’obiettivo del Tamagotchi era quello di costringerti alla continuità, alla costanza, imponendoti di dedicare un tot di tempo alla cura del tuo animaletto, perché altrimenti sarebbe morto.

Certo, avevi vite illimitate, ma la sfida con gli altri possessori del gioco consisteva proprio nel farlo vivere più a lungo, quindi se volevi vincere dovevi tener duro e darti da fare.

È esattamente quello che accade con la gestione di un blog, che non può vivere di vita propria, ha bisogno di essere nutrito, curato, coccolato.

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[Tweet “Come il #Tamagotchi, anche il tuo #blog ha bisogno di cura e di attenzioni.”]

Chi decide di fare il blogger, quindi, deve capire una cosa molto importante: senza sacrifici non si possono ottenere risultati, perché non basta pubblicare un post per essere letti.

Non basta solo scrivere un post

Essere blogger non si esaurisce nella scrittura di un post, quello è solo il 20-30% del tuo lavoro.

Prima e dopo aver riempito con le parole il tuo editor WordPress, infatti, viene tutta la fase strategica, organizzativa, la calendarizzazione dei post, l’interazione con i follower, la lettura di altri blogger, la ricerca delle fonti e delle immagini, l’elaborazione del visual, la condivisione sui social, il monitoraggio dei feedback, l’analisi dei dati statistici, l’aggiornamento professionale, la digital pr, ecc…

Insomma, c’è tanto, ma tanto da fare.

Non esiste solo il giorno della pubblicazione

Anche se pubblichi un post a settimana, non puoi permetterti il lusso di ignorarlo fino a quello successivo, ogni giorno devi dedicare una porzione del tuo tempo alla cura del tuo blog.

Revisiona vecchi post, controlla il funzionamento dei plugin, aggiungine di nuovi, elimina quelli che non sono essenziali, effettua modifiche ai widget o alle pagine statiche, come la pagina Chi siamo, controlla le policy.

Lo so, queste sono cose che tutti tralasciamo, ma è importante riuscire ad occuparsene, anche perché non c’è qualcuno che lo faccia al posto tuo.

Non cresce da solo

Molti blogger alle prime armi credono che per avere successo sia sufficiente fare dei post con titoli accattivanti e testi ottimizzati, così raggiungeranno le prime posizioni su Google e riceveranno tonnellate di visite giornaliere, arricchendosi con i banner Adsense e i programmi di affiliazione.

Magari fosse così semplice…la realtà è molto diversa.

Anche se butti il sangue ogni giorno non è detto che il tuo progetto editoriale abbia le carte in regola per poter spiccare il volo e avere successo, ma senza il tuo impegno è sicuro al 100% che tutto questo non accadrà.

Devi darti da fare, perché di blogger in Italia ce ne sono a migliaia, e se vuoi emergere devi farti il culo e lavorare ogni santissimo giorno, investendo tempo, risorse, lacrime e sangue, altrimenti morirà, esattamente come un Tamagotchi.

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Devi importi delle regole

Non si può gestire un blog in maniera estemporanea, #acazzodicane, dicendo “oggi ho voglia di scrivere, quindi pubblico un post”, perché il lettore non sta mica aspettando te.

[Tweet “Devi darti delle regole fisse, da seguire in modo preciso, con costanza. #blogging”]

Non sei un artista, sei un blogger, quello che fai non ha un valore intrinseco, come una canzone o un quadro.

Un quadro molto bello, ad esempio, può essere appeso alla parete e non essere guardato da nessuno, ma la sua presenza riuscirà comunque a dare un tocco in più all’ambiente nel quale si trova, lo stesso vale per una canzone diffusa in sottofondo, che c’è anche se nessuno le dedica attenzione.

[Tweet “Un post ha senso solo se c’è un lettore disposto a leggerlo, a commentarlo, a condividerlo.”]

Non scrivi per te stesso, quindi delinea una strategia ed un piano editoriale, e concentrati.

Ogni tanto, però, sperimenta anche un po’, perché le cose cambiano, e tu non puoi restare fermo ad osservare.

Devi divertirti

Sì, perché una delle cose che consentiva al Tamagotchi di crescere meglio era proprio il gioco, il divertimento, al quale dovevi dedicare le stesse attenzioni dell’alimentazione e della salute.

La noia uccide, anche i blog!

Se non ti diverti, se non c’è passione in quello che fai, se hai aperto un blog per mancanza di alternative, non riuscirai mai a raggiungere certi risultati, perché il lettore se ne accorge se quello che hai scritto è un compitino arido, senz’anima, e la prossima volta non ti farà di nuovo la cortesia di leggere un tuo post.

Allora, cosa ne pensi? Sei d’accordo con me che un blog è un po’ come Tamagotchi? Scrivilo nei commenti, e mi raccomando…diffondi il verbo!


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Francesco Ambrosino

Classe 1984, Digital Marketer specializzato in Gestione Blog Aziendali, Formazione Professionale, SEO Copywriting, Social Media Management e Web Writing. Membro di Open-Box e Comunicatica, co-creatore di Digitalklive

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