Intro: Dove sta andando il giornalismo? E quali competenze vengono richieste a chi scrive? Ma sopratutto, qual è la differenza tra un giornalista e un blogger?
Prima di iniziare a scrivere questo post, che mi sta particolarmente a cuore, vorrei fare una confessione: io sono completamente a favore dell’abolizione degli ordini professionali, compreso quello dei giornalisti.
I motivi che mi spingono a sostenere questa “utopia” sono molteplici, ma principalmente il mio rifiuto ad accettare una corporazione che stabilisca chi è idoneo e chi non lo è a praticare una professionale risiede sostanzialmente in un semplice concetto: libero mercato.
Se sei bravo, lavori. Se non lo sei, cambi mestiere.
Molto semplice, anche perché il desiderio di diventare giornalista non nasce dalla mancanza di altre opportunità, ma da una passione che si vuole trasformare in lavoro.
Di cosa parlo in questo post
Il giornalismo è passione, non mancanza di alternative
In parole poche, non è come accettare un lavoro per interrompere il proprio stato di disoccupazione, ma un sogno che si coltiva per anni, spesso da quando si è bambini, e non dovrebbe essere vincolato all’ingresso in un “club”.
In Italia, invece, se vuoi scrivere per un giornale devi lavorare due anni per una testata registrata presso il Tribunale di competenza, realizzare un tot di articoli (varia da Regione in Regione) con continuità temporale e ricevere un emolumento.
So che risulterò impopolare, ma se sei giovane e senza esperienza investire un po’ del tuo tempo per costruirti un futuro non può dipendere esclusivamente da quanti soldi potresti guadagnare facendolo.
Il lavoro va pagato, ma prima di potersi definire un professionista un minimo di esperienza bisogna pur farla, anche se “aggratise”, come spesso accade da noi.
Il problema, semmai, si pone nel momento in cui questo periodo di prova e di apprendistato diventa a tempo indeterminato. A quel punto, il concetto di #coglioneNo va applicato in toto.
Essere giornalista per quantità e non per qualità
Detto questo, a risultare strano ai miei ingenui occhi è il fatto che una volta prodotto il numero minimo di articoli richiesto nei due anni, la verifica finale non tiene assolutamente conto della qualità del lavoro svolto, ma solo della quantità.
Come a dire, hai sfornato tre quintali di pane, quindi puoi definirti un panettiere, poco importa se faceva schifo, aveva forme strane e non rispondeva a nessuno standard sanitario.
Di recente ho iniziato una specie di gioco, molto semplice: ogni volta che mi imbatto in un articolo scritto con i piedi e con titoli agghiaccianti lo segnalo ai miei amici e followers sui social.
Non serve a niente, ovvio, ma è divertente e ti invito a provarci.
Cosa sono diventati i giornali, oggi
Il problema, a mio avviso, è che oggi i giornali online si sono trasformati in aggregatori di contenuti, sostanzialmente per due motivi:
- coprire l’intero arco della giornata;
- guadagnare attraverso i banner pubblicitari.
Non credo che siano due elementi per i quali i giornali dovrebbero provare imbarazzo, anzi, sono convinto che sia giusto che si prefiggano questi obiettivi.
Il problema, semmai, è la scarsa qualità dei contenuti che pubblicano. Scritti male, revisionati peggio, spesso da ragazzi alle prime armi durante il periodo di prova.
Differenza tra giornalista e blogger
Chi fa il giornalista di professione ci tiene sempre a sottolineare la differenza con i blogger, come se questi ultimi fossero i cugini scemi, quelli che mettono in imbarazzo la famiglia durante le feste.
Io sono il primo a dire che un giornalista e un blogger non fanno lo stesso mestiere, ma questo vale solo nel caso in cui il primo viva la professione come andrebbe vissuta.
Mi spiego meglio: io sono un blogger e un copywriter, e anche se scrivo per un giornale online non mi definisco giornalista per un semplicissimo motivo: il lavoro sul campo.
Il vero giornalista è colui che va in giro come una trottola alla ricerca di fonti, informazioni, dichiarazioni, per non parlare di chi fa il corrispondente nelle aree di guerra, persone che godono di tutto il mio rispetto.
Il problema è che io di veri giornalisti in giro non ne vedo molti, anzi.
Le redazioni dei giornali, anche nazionali e blasonati, sono piene zeppe di blogger e copywriter che non fanno altro che copiare e incollare contenuti presi dal web, editati e spacciati come nuovi.
Conclusioni
Questo non è giornalismo secondo me, e la presunta superiorità morale dei professionisti del settore dovrebbe passare attraverso un esamino di coscienza.
A mio avviso, blogger, giornalista, web writer, sono solo delle etichette.
Se sai scrivere e sei in grado di cercare fonti autorevoli non hai bisogno del titolo e di un ordine professionale.
Ho affrontato questo argomento con il mio amico e collega Riccardo Esposito, che ha di recente pubblicato un libro scritto a quattro mani con Cristina Maccarrone, chiamato “Scrivere per informare”, nel quale si affrontano entrambe le professioni, mettendole a confronto.
Puoi ascoltare l’intervista realizzata per il mio Podcast SocialMediaCoso Che Dice Cose, cliccando play qui sotto.
Questo articolo è stato aggiornato in data 24 Aprile 2020.